Notte, quando arriva la luce?

“Notte, quando arriveranno i bagliori dell’alba?”

Una domanda che è grido soffocato di chi sente il peso del vivere. Spesso sommesso e pesante come un macigno. Un grido soffocato dal nodo in gola che paralizza il fiato e imprigiona ogni grido che resta lì, negli anfratti silenziosi di chi avverte pure il furto delle proprie forze.
È un silenzio pesante e inespresso a farla da padrone. Quello di tante angosce, spesso più grandi e grosse di tutte le comunicazioni percepite e di tutte le parole incoraggianti che arrivano. Delle pacche sulle spalle. Dei – spesso fastidiosi – “coraggio, tutto passa”!
Ci si ritrova soli e impotenti in un groviglio di domande che non trovano risposte.

Uomo, dove sei? Dio, dove sei?
Due desideri che spesso non si incroceranno mai nei bivi dell’esistenza.

Dio, dove sei? Il grido dell’uomo disperato.
Di quello inchiodato al calendario delle visite da fare e delle terapie da subire, sperando non solo che tutto vada bene, ma che abbiano anche una fine risolutiva.
Di chi ormai non spedisce più curriculum, stanco dei sorpassi di chi “conosce” le vie preferenziali.
Di chi lotta con ogni forza per urlare che anche “disabilità” è sinonimo di “normalità” e deve fare i conti con l’impazienza, la superficialità e l’ignoranza di molti.
Di chi deve fare i conti anche con i centesimi, per permettere ai propri bambini di avere cibo e cure almeno fino alla fine del mese.
Di chi potrebbe dare molto e non trova chi crede in lui e gli assicuri spazi vitali per sentirsi utile e vivo.
Di chi sogna un futuro ma sa che resterà solo sogno, perché qualcuno gli ha rubato anche la speranza.
Di chi gli resta come amica solo la solitudine, perché non c’è tempo, oggi, da regalare all’amicizia da costruire.
Di una giovane coppia che lotta con tutte le forze per affermare il diritto alla vita, anche quando il piccolo figlio non ha possibilità di sopravvivenza e la legge degli uomini lo condanna a morte!
Di chi lotta, spesso invano, contro la cultura dello scarto.

Uomo , dove sei? Ti sto cercando. Dove ti nascondi?
Il pastore bello cerca disperatamente la pecorella perduta. È il senso del suo esistere. Non vive sereno se anche una sola manca all’appello. Si mette sulle sue tracce, chiede informazioni, studia come arrivarci, si confronta, confida, misura le proprie forze e non si dà per vinto. Si mette in gioco con tutto ciò che ha e ciò che è! Non esiste pastore che non cerchi.

Eppure, continua il grido: Dio dove sei? Ti sto cercando. Dove ti nascondi?

La creatura, la pecorella, l’uomo … dall’altra parte, fa i conti con il peso delle proprie pene e dei tanti, irrisolti “perché”. Indebolito, come un tenero animale che ha perduto la sicurezza del branco, vaga nei meandri dell’incertezza, illuminato dalle moderne lucciole e dagli specchietti illusori. Rapito dalle parole suadenti di novelli falsi profeti, si fida di loro e si lascia andare.
Cercare e farsi domande non ha senso oggi, tanto c’è un mondo che prima ancora ti offre risposte e soluzioni. Perché fare fatica?

Eppure la domanda di senso è sempre lì, in agguato e in cerca di risposte. Non c’è tempo per tutto questo, o, forse, non si vuole avere tempo. Troppo impegnativo!

Due strade, una intrisa di domande e una ricca di risposte, che si rincorrono, ma non si incontrano.

Mi chiedo, spesso, se è solo colpa del Pastore bello e buono o che altro.

Quanta frustrazione, per il pastore di oggi, nel non saper intercettare i bisogni dell’uomo, nel non riuscire a parlare lo stesso linguaggio, nel ritrovarsi incapace di proporre e proporsi come via che conduce alla verità della vita e dell’esistenza.

Povero pastore! Poveri pastori!
Poveri quelli bloccati nelle anguste e fetide sacrestie.
Poveri quelli che cercano in mille modi nelle periferie della storia e, malgrado ciò, non sanno essere segno credibile e via efficace per l’incontro con il Servo della vita e di ogni esistenza. Colui che, per natura, è intriso di odore di pecora. Di odore di umanità. Di Colui che ha un solo desiderio: far incontrare la terra con il cielo.

Poveri pastori e poveri uomini di questo tempo.
Peccato non ci si incroci più. La vita sarebbe davvero più semplice e ogni notte sarebbe davvero più vicina alla luce.

D. EffeBi

Dal Vangelo secondo Giovanni (10, 11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

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