Il grembo della vita

Condivido una riflessione, uscita “di getto” … augurando ai lettori un BUON CAMMINO DI AVVENTO verso il NATALE

Ciao don, ti dobbiamo dare una bella notizia…”. Fu così che venni a sapere da quella coppia di amici che era in “dolce attesa”. Ci eravamo conosciuti qualche anno prima, avevo benedetto le loro nozze, coccolato il primo figlio e ora … partecipe della loro gioia.

Penso a quella povera coppia di altri tempi, in quel sconosciuto paesino di Galilea, Nazareth, mai citato nei testi sacri. Lei, Maria, che si ritrova incinta senza che lui, Giuseppe, il suo sposo, fosse intervenuto come natura comanda.

Chi avrà coinvolto, l’anomala coppia, per condividere la loro gioia? Temo non siano stati molti a dar credito alle parole, sia pur rassicuranti, del povero Giuseppe.

L’annuncio di una nuova vita è sempre foriero di gioia. Intima, indescrivibile e per questo, vera e autentica.

L’attesa è tempo sacro e inviolabile. Sempre. Anche quando stai nella banchina di una stazione aspettando di riabbracciare un affetto caro. Anche quando, seduto in un’anonima sala d’attesa, aspetti con ansia l’esito di un referto. Anche quando chiudi gli occhi aspettando che un brutto momento passi in fretta. Anche quando ti ritrovi carico di interrogativi e dubbi e aspetti un po’ di luce, che brami.

Tempo sacro, quello dell’attendere! Un’attesa, sempre e comunque, carica anche di tanta operosità.

I miei amici, come la giovane coppia di Nazareth e tutte le coppie del mondo di ogni tempo, sanno bene cosa significhi “attendere”. Sono come delicati battiti d’ala, che, piano piano, prendono forma, prendono vita.

L’attesa dei miei amici – purtroppo – è stata inaspettatamente interrotta da una di quelle notizie che non vorresti mai sentire. Il bimbo che aveva iniziato a formarsi nel pancione di mamma non avrebbe avuto nessuna possibilità di vita, a causa di una rarissima malformazione. Il verdetto, confutato più volte, ha trovato solo conferme.
Che dire? “Peccato” sa di superficiale e il “mi spiace” ha sapore di fredda convenienza.
Il “silenzio di vicinanza”, forse, è la cosa migliore.

Quanta sofferenza e tragicità nel prendere decisioni e accettare un cambio di rotta del futuro!
Non resta che dare ossigeno alla fede, che, in questi casi, risulta essere un farmaco benefico. “Che Dio ci aiuti”! Strana la vita. Misteriosamente avvolti da un gioioso evento e poi stravolti dallo stesso, che si trasforma in tragedia.

Belli, i miei amici. Non vogliono perdere la cosa più importante, confidare ancora in un Dio che non abbandona, tantomeno in queste circostanze. Grandi le tante storie di mamme e papà che di fronte alla tragedia, hanno il coraggio di credere ancora, sempre e comunque.

Come fecero quei due giovani della Galilea, ritrovatisi travolti da una gestazione di vita con i sapori del mistero. Si sono fidati di Dio e lasciati andare, anche se il “conto era salato”.

Attesa di Colui che viene è, per i cristiani, il “leitmotiv” di questo tempo. Il filo conduttore. Il ritornello che ritma l’andare del tempo. Attendere Colui che in realtà è già venuto. Una semplice contraddizione in termini… ma il bello di Dio è anche questo. Né scontato, né banale.

Tra i tanti modi per predisporre il nostro Natale, ci potrebbe stare quello di sentirci tutti un po’ gestanti.
Di riscoprire la presenza di un Dio che diventa totalmente uomo, in carne e ossa, come tutti noi e che cerca degli “uteri” in cui crescere per poi realizzare un progetto d’amore che è la vera rivoluzione della storia. La più combattuta. La più tenace. La più condivisa. La più faticosa. Ma anche l’unica che può vincere le torbidità e le mediocrità del mondo.

Maria, la giovanissima, risoluta e decisa madre del Figlio per eccellenza, non si perde d’animo. Lei conosceva bene Dio. Si può certamente dire che era un’innamorata di Dio e, quando si ama, non servono tante parole per capire.  Capisce subito che attesa significa condivisione di una gioia. La sua è condivisa con il giovane falegname e i pochi intimi che avranno capito. Ma diventa grande, quando la fa diventare servizio generoso alla lontana parente, Elisabetta, anch’essa rimasta incinta in modo misterioso. A lei, Maria dedica almeno due terzi del tempo della gravidanza.

Attesa operosa, quindi. Questo è quanto ci viene chiesto. Tempo prezioso per prendersi cura di conoscere di più Gesù, per stare con lui, per sentirlo “scalciare” nella pancia e lasciare che le sue parole risuonino.

Natale non saranno solo luci, statuine, regali, pantagrueliche abbuffate e rimpatriate. Natale sarà ciò che avremo fatto crescere in queste settimane. Ciò che avremo alimentato in grembo.

Inutile lamentarci quando le cose vanno storte e ci sentiamo impotenti, arrabbiati e schiacciati, senza saper cosa fare e cosa dire. Se non si fa spazio all’Amore, la nostra sarà sempre una vita a scartamento ridotto.
È quel Dio che cerca di crescere nel grembo di ciascuno, che ci viene incontro. Lo fa per porre sulle nostre labbra parole giuste quando servono, nel cuore i regolari battiti dell’amore e nella mente la lucidità che non fa soccombere.

Mi sembra di risentire le voci amiche che mi dicono “Ciao don. Siamo tristi e sconvolti per come è andata. Non riusciamo a capire. Ma dentro a questo dramma della natura, non siamo soli. Che sia questo bambino mai nato, a farci incontrare, gustare e amare, il Bambino del cielo?”.

Che sia mai che, anche dentro le pieghe storte della vita, Dio scrive dritto per riportarci al “piano superiore”. Lì dove ogni mediocrità, ignoranza, cattiveria, malignità, gelosia, tristezza, rabbia, malessere… non sono graditi ospiti. Il piano superiore è un ventre e una culla. A noi il compito di dare vita.

Soprattutto lì dove gli eventi l’hanno negata.

d. Effe Bi

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