“Pastori, con l’odore delle pecore” ebbe modo di dire Papa Francesco, nella Messa del Crisma di quattro anni fa. Esortava i “pastori d’anime” i sacerdoti quindi, ad avere l’odore delle pecore.
Spesso – con il sorriso sulle labbra – penso alle parole del Vescovo di Roma.
Sono un uomo fortunato. Anzi, doppiamente fortunato.
Innanzitutto, nel territorio della mia amabile Parrocchia, di greggi di pecore ce n’è più di uno.
Sono un parroco fortunato, scherzo sovente: l’odore di pecora mi è familiare. Quello non mi manca!
Come non mi manca il secondo motivo per sentirmi fortunato: il mio essere chiamato al presbiterato.
Nelle colline umbre, terra di santi e di peccatori, quindi terra della normalità, come nella caotica e santa città eterna e in ogni località dove cammina un uomo, il profumo del gregge si mescola all’ansia di senso da dare al proprio peregrinare. Un desiderio, nascosto o manifesto, che – volenti o nolenti – accomuna tutti.
Spesso, mi viene chiesto della mia “chiamata” a diventare prete. Questa misteriosa voce che chiama, che da secoli ha trascinato nella gioia del servizio la vita di molti, che mai sarà? Di certo, si può dire che riesce a destare tanta curiosità. Tutto ciò lo trovo stupendamente bello! Una scelta di vita, carica di mistero, che interpella ancora e promuove curiosità e domande.
Affascinante è il fidarsi di quella voce-non voce che ti fa comprendere che seguire il Pastore bello (come lo definiscono i Vangeli) è ritrovarsi a dare completezza alla tua umanità.
“Chi è venuto prima di me, è ladro e brigante”!
Ci è difficile immaginare la potenza ed il coraggio dell’umanità di quell’uomo-Dio.
Non può che sedurre un Uomo che affronta, con umile – ma potente – lucidità, il potere costituito del Tempio. Che affronta, senza mezzi termini, per amore alla Verità, i capi del popolo, artefici di illecite e fosche trame, per i propri interessi personali e di casta, a spese del popolo.
Gesù ha avuto l’ardire di reclamare per sé il ruolo di colui che gestisce il passaggio di quella porta. Chiaro riferimento a quella del Tempio, che solo i sacerdoti potevano oltrepassare. Che dava loro il potere di interpretare e gestire la Parola e la funzione sacra. Nessuno aveva mai osato tanto, quanto Gesù. Come se avesse detto loro, dopo migliaia di anni di indiscussa gestione del potere: voi non valete nulla!
Io sono la porta. Le pecore le conosco una per una, dice Gesù, il Pastore bello. Le chiamo per nome. Posso farlo, perché il loro nome è inciso nel cuore del Padre mio. Sono un bene prezioso. Chiamate a vivere nella pienezza e nella completezza di un progetto di eterna sacralità.
Splendida sintesi di un progetto che ci supera, ma realizzabile, malgrado le continue sfide lanciate dall’altrettanto stuzzicante forza del male.
Di quell’animaletto – chiamato in mille modi – che cerca di rubare a Dio la cosa più preziosa che gli appartiene: ciascuno di noi! Che si insinua, dentro l’oggi di ciascuno, con colorate e lusinghiere proposte che cercano in tutti i modi di abbassare lo sguardo della vita a un orizzonte finito delle cose. Di trovare in esse il piacere della vita, ahimè provvisorio e incompleto.
Quando incrocio le greggi che tornano dal pascolo, annuso e mi inebrio di un odore che a molti infastidisce e penso alle fatiche quotidiane di quel pastore che non si può permettere il lusso di lasciarle sole.
Allo stesso modo si comporta quell’uomo-Dio, che, ancora oggi, chiama a seguirlo. A fidarsi di Lui.
Tutti gli altri, anche se ben impreziositi nel loro apparire e seducenti nel loro proporre, sono ladri e briganti.
Ci aiuti Dio a saper distinguere la voce di chi chiama per il Bene.
Ci faccia sentire il profumo delle cose eterne. Di tutto ciò che ci fa assaporare il Cielo, anche qui in terra.
E se Papa Francesco ci invita, mi invita, ad avere l’odore delle pecore, chiedo a Dio di impregnare le nostre vite, la mia vita, dell’odore del Pastore bello, Gesù.
Odorare di umanità, perché si ama ogni uomo. Odorare di mani sporche, perché si ama Dio. Odorare di piedi stanchi, perché si ama la vita.
Odorare di Gesù per diffondere un profumo che allarga i polmoni e ti fa respirare cose eterne, pur dentro la fatica quotidiana del vivere.